Che Apple avesse a cuore i diritti degli omosessuali non è esattamente una novità. L’azienda fece già lobbismo quando fu il momento di decidere sull’introduzione dei matrimoni gay in California, e praticamente si schiera a favore delle cause che vengono ritenute parte integrante della sua filosofia aziendale.
Questa volta però non siamo in California, dove l’azienda ha la sua sede principale. Siamo in Arizona, uno stato dove Apple starebbe per aprire una fabbrica per produrre il Sapphire Glass (se non sapete cos’è, eccovi il nostro articolo) e dove una recente proposta di legge permetterà di negare prestazioni e servizi a chi è omosessuale, garantendo una sorta di obiezione di coscienza per motivi religiosi.
Una situazione che Apple non è disposta ad accettare, e per la quale ha cominciato a prendere provvedimenti dei più seri: si rischia, dice l’azienda, di rendere impossibile la costruzione della fabbrica in questione, dato che la proposta, se dovesse trasformarsi in legge, metterebbe in pericolo i diritti inalienabili dell’azienda di Cupertino.
Tim Cook, presidente di Apple e omosessuale
Apple si è sempre spesa a difesa dei diritti degli omosessuali. L’azienda è impregnata di una filosofia e di una visione del mondo liberal, che pare evidente anche dal suo assetto societario e dalla composizione del suo CdA.
Se in Italia, barbaramente, i gay vengono ritenuti capaci al più di occuparsi di moda o di architettura e design, la più grande e potente azienda americana di tecnologia, Apple per l’appunto, ha deciso che un omosessuale come Tim Cook avrebbe preso le redini della compagnia per traghettarla fuori dalle turbolenze post-Job e guidarla verso un futuro di nuovi successi.
Non ci sono solo i soldi
Una presa di posizione, quella di Apple contro l’Arizona, che farà sicuramente piacere a chi nell’azienda ci ha sempre visto qualcosa di più di una mera macchina da soldi.
Un’azienda capace di perdere qualche profitto per non snaturarsi, un’azienda capace di esprimersi e metterci la faccia anche quando in ballo ci sono milioni e milioni di dollari.
Una presa di posizione che indicherà la strada, si spera, anche delle altre aziende del settore, come Google che recentemente ha attaccato la Russia per motivi analoghi sulla sua homepage, e come le altre aziende tecnologiche, che quasi sempre hanno scelto di schierarsi dalla parte dei diritti, seguendo la via indicata da Cupertino e sotterrando, almeno nei momenti importanti, l’ascia di guerra.
Che siate d’accordo o no con Cupertino, una cosa dovete riconoscergliela. Non si tratta solo di soldi, e non si tratta soltanto di telefoni e tablet.